“Questa scultura rappresenta Gesù, ma chi é Gesù? La risposta cambia a seconda della religione di appartenenza:
per gli Ebrei è Yehoshu’a, un impostore religioso sacrilego. Per i mussulmani è Īsā ibn Maryam, ovvero Gesù figlio di Maria, un grande profeta. Per i cristiani è Gesù, figlio di Dio. Prima ancora è il Messia, in ebraico mashīáh, in greco è Christós, ovvero l’unto del Signore (c’era l’uso di ungere con oli profumati le persone di rango elevato), il Salvatore.
Gesù viene condannato e destinato alla crocifissione. Pilato fece scrivere una tavola che venne apposta sopra il capo con una iscrizione in tre lingue: latino, ebraico e greco, recante le iniziali di Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum. I sacerdoti, letta la dicitura delle parole puntate in ebraico, chiesero a Pilato di cambiarla ma Pilato rispose loro: “Ho scritto ciò che ho scritto”. I sacerdoti si erano accorti che le iniziali in ebraico componevano al nome che gli Ebrei davano a Dio: Yahweh.
Ecco compirsi la profezia che Gesù disse in vita: “Quando mi innalzerete (sulla croce), allora vedrete che “io sono”. La frase “io sono”, è pronunciata da Dio ai profeti in molti passi dell’Antico Testamento inizialmente ai suoi discorsi: “Io sono ….”. In pratica la scritta declamava Gesù come “Dio”.
Ora veniamo ad oggi. Questa realizzazione non è stata creata da uno scultore conclamato, ma da una persona semplice, uno di noi, che non ha mai fatto composizioni del genere e neppure altre composizioni. Perché lo ha fatto? La risposta è prima di tutto caratteriale: è l’accettazione interiore della persona di volersi mettere in gioco, di sperimentare un qualcosa di totalmente nuovo, percorrendo una strada sconosciuta, dove il rischio di insuccesso è decisamente alto ma che lui sente possibile dentro di sé, aldilà del risultato. Tale condizione interiore è perfettamente descritta nel motto creato da Gabriele D’Annunzio nel 1917 a favore di un corpo speciale della Marina noti per la loro temerarietà: il motto è. “Memento Audere Semper”, ovvero: “Ricordati di osare sempre”.
Il senso di tutto questo è che ognuno di noi ha delle capacità, a volte latenti, per fare cose che normalmente con consideriamo di fare per timore di apparire non conformi o di dare un’immagine negativa di sé e così facendo rinuncia a creare qualcosa che pure sarebbe nelle sue capacità ma giacerà sepolta sotto quel timore. Siamo nati per fare, creare cose e migliorare il mondo in cui siamo, secondo le nostre capacità, il Boschetto della Pace ad esempio è nato per questo motivo. Non solo per un solo giorno o per una sola volta, giusto per immortalare l’attimo con una foto sui media, ma tutti i giorni e senza paura dei giudizi altrui.
In termini puramente tecnici invece è possibile definire la scultura come: “trave reticolare complanare”. Più materialmente, è realizzata in filo inox “cotto”, che permette ad una persona come l’autore, operaio e quindi dotato di sufficiente forza nelle mani, per piegare e dare una direzione al filo metallico, corrispondente alle forme del suo corpo usato come modello.”
La scultura resterà esposta fino alla terza settimana di novembre circa. Poi lo sarà nel santuario di Oropa, prima nella chiesa antica, poi nella basilica superiore, così ha chiesto il Canonico Berchi, rettore del santuario.
La mia soddisfazione è di aver reso grazia al Signore, nel modo in cui Lui a quanto pare mi ha reso possibile e che io non supponevo di fare. Auguro ad ognuno di voi di fare altrettanto, di farlo con le attitudini che ognuno di noi ha, senza lasciarsi intimorire dalla possibilità di insuccesso. Trascurate le censure eventuali, i giudizi negativi lasciano il tempo che trovano e sono generalmente elargite da persone che pensano di potervi giudicare.
Non nobis, non nobis Domine, sed nomini tuo da gloriam
Vito Bettin
